L’ANTICA LAVORAZIONE DEL LEGNO

Il legno è sempre stato disponibile in gran parte delle nostre zone ed è sempre stato il materiale più usato dall’uomo per la facilità di lavorazione e per le buone caratteristiche dei prodotti che da esso si ottengono, oltre che come combustibile. Reperti archeologici di palafitte ed attrezzi d’uso in esse contenuti, ne documentano l’antico uso fin da epoche preistoriche. Sappiamo già che il legno deriva dagli alberi: quindi per il lavoro del falegname era necessario l’ intervento preliminare di un tagliaboschi che abbatteva i tronchi, raccoglieva la legna in fascine e la trasportava in pesanti slitte di legno: il falegname aveva così la sua materia prima.


PRIMO STAND :LA SGREZZATURA DEL LEGNO

Nel primo stand, si può osservare il processo di trasformazione del tronco grezzo in tavole o semilavorati: dai tronchi delle piante abbattute, quando non vi era la possibilità di usare le macchine, si ricavavano le tavole con la sega a telaio o a lama centrale, manovrata da due uomini. Il tronco, una volta squadrato, veniva montato a sbalzo su un’ incastellatura lasciando uno spazio sufficiente in altezza per un uomo che si metteva nella parte inferiore, mentre dall’altro il secondo uomo doveva manovrare in risposta a tiro del primo, avendo cura di mantenere costante, durante tutto il lavoro, lo spessore della tavola. Le seghe utilizzate erano dette a telaio e degli esempi sono quelli che vedete sopra la porta (quella allestita nello stand è una sega normale e non adatta a questo tipo di lavoro). Questa pratica rimase in adozione fino ai primi anni del secolo scorso; in seguito sono stati creati dei macchinari alimentati ad acqua e dotati di sistema a collo d’oca che imprimeva un movimento alternativo della lama, sostituendo il lavoro umano. Un tempo a Venezia c’erano i cosiddetti "segantiti": la loro mansione era unicamente quella di tagliare delle tavole con il procedimento spiegato prima. Il calibro passa-non-passa era uno strumento fisso per la calibratura, utile per scegliere rapidamente tavole della stessa larghezza. Lo stringi fascine era un arnese per legare insieme i fasci di legna


MODALITA’ DI IMPIEGO

Il legno era indispensabile per abitazioni mobili e mezzi di trasporto come carri e navi (il fasciame delle navi era interamente di legno). Molte volte un montagna per portare a valle l’acqua quando la sorgente era alta, oltre a quelle in pietra si costruivano delle condutture in legno. Si prendevano dei rami di legno di varie lunghezze che venivano incavati e incastrati l’uno sull’altro.


SECONDO STAND : LA FALEGNAMERIA

Un tempo il falegname (il "marangòn") nella sua semplice stanza costruiva mobili, porte e finestre ed attrezzi da lavoro o loro parti. Questo è il tipico banco del falegname, dotato di morsa per tenere fermi i pezzi di legno da lavorare. Usava utensili molto semplici che egli stesso si costruiva: Questa è una serie di pialle che servivano a spianare e lisciare le coste della tavola ma anche per fare cornici, intagli, lavorazioni particolari; ci sono anche microscopiche pialle che servivano ai liutai per costruire gli strumenti musicali. C’erano poi anche delle pialle rovesce di grandi dimensioni e la lama rivolta verso l’alto, sulle quali venivano fatte scorrere le tavole da sagomare. Il compasso serviva o per segnare disegni tondi oppure serviva per riportare misure, una volta fissata la distanza. Le morse esposte in realtà erano più usate nella vita domestica, quando i contadini si riunivano a fare filò. L ’attrezzo che si vede sul banco era chiamato "servidòr", arnese sul quale si appoggiava la tavola per mantenerla in una posizione orizzontale e facilitare il lavoro.


L’INTAGLIO:

Per intagliare si utilizzava il mazzuolo in legno duro ed uno scalpello con lama affilata: il risultato desiderato si otteneva per asportazione progressiva del truciolo. La "raspa" infine, serviva a rifinire il legno eliminando le imperfezioni


SEGHE E SEGACCI

La sega è uno strumento rudimentale dotato di movimento alternativo: la lama penetrava nel legno e asportava gradualmente la segatura. I denti dovevano essere affilati con una mola o una lima e sfalsati l’uno rispetto all’altro, altrimenti non potevano tagliare. La "gartuccia" era una sega che serviva per i tagli stretti o circolari (poteva essere utile anche per praticare dei fori come un trapano) Ci sono seghe a un manico o due manici, a lama larga "saracco" o a lama stretta "pertuccio", seghe dalla lama corta (squarza parè – esposte nella vetrina)


TRAPANI, TORNI E FORATICI:

Il trapano più primitivo che ci sia è quello dotato di movimento rotatorio alternativo impresso dall’avvitamento dello spago lungo l’asse. Il trapano "a segatto" invece aveva un movimento rotatorio continuo (si perde comunque parte del lavoro perché la punta lavora solo in un senso.) Il trapano "a volano", dotato della ruota-volano, rendeva il lavoro meno faticoso e più produttivo. Il tornio a stanga è dotato di movimento alternativo: il pezzo da lavorare veniva bloccato tra la punta e la contropunta: bisognava essere in due a lavorare, oppure bisognava disporre di un sistema a pedale. Questo prototipo di tornio era usato fin dai tempi dei romani ma effettivamente era poco utile perché si lavorava solo quando il pezzo andava contro lo scalpello (come il trapano a movimento alternativo. Nonostante questo viene ancora usato a Claut e dagli artigiani montanari che fanno manici). Il problema è stato aggirato con l’ invenzione del collo d’oca. Tornio con volano in pietra: il volano (azionato a pedale) manteneva la velocità costante assicurando un movimento continuo e un lavoro più produttivo. La Foratrice ad ingranaggi aveva un sistema a ruota dentata con ingranaggi a gabbia. Girando la manovella si azionava il sistema di ingranaggi e la punta ruotava. Per darle poi non solo un movimento di rotazione ma anche di avanzamento c’era una manovella che muoveva il pezzo in parallelo e dava maggior penetrabilità. Questo sistema di ingranaggi in legno potrebbero essere di espressione Leonardiana


TERZO STAND: IL BOTTAIO

Nelle nostre zone rinomate per la bontà del vino, l’opera del bottaio era particolarmente apprezzata perché costruiva e riparava tini, botti e recipienti da cantina indispensabili per una buona conservazione del prodotto. La bottega del bottaio aveva una grande porta e i soffitti erano alti dovendo contenere a volte dei tini di grande capacità. Il bottaio non sempre lavorava in bottega: considerato il grande ingombro e la difficoltà di trasporto dei recipienti, spesso si recava con gli attrezzi ed i materiali necessari per la costruzione o la riparazione, nelle case dove era richiesta la sua opera. Il materiale da costruzione, tenuto con cura in magazzino, era il legno di castagno, di ciliegio o di rovere perché più adatto a dare buoni profumi al vino mantenendo nel tempo la robustezza iniziale. Gli attrezzi utilizzati in parte erano gli stessi usati dal falegname ed altri erano specifici del mestiere come la "tratora", la grande pialla a panca (vicino alla vetrina), la pialla rovescia oppure i martelli peculiari per dare il famoso colpo al cerchio ed il colpo alla botte. Le botti venivano fatte con delle doghe affiancate, fissate e sagomate con un diametro tale per cui risultavano perfettamente combacianti. Venivano legate con dei cerchi di metallo o legno stesso; il fondo invece, veniva incastrato in una scanalatura. Per conferire questa forma bombata caratteristica si sfruttavano alterazioni del legno dovute alla temperatura: all’ interno della botte si accendeva un fuoco, in modo tale che il legno essiccandosi diveniva malleabile e quindi lavorabile. Per stringere le doghe si utilizzava lo stringitoio: veniva appoggiato alla schiena della botte attorno alla quale era stata fatta passare una corda. Si ruotava poi la manovella che distanziandosi , faceva tendere la corda che stringeva il diametro della botte


QUARTO STAND: LO ZOCCOLAIO

Gli zoccoli erano le calzature più comuni nelle nostre campagne perché alla portata anche dei più poveri e l’unica alternativa talvolta al camminare scalzi. Le scarpe interamente in cuoio erano costose rispetto alle possibilità economiche di molte famiglie di un tempo; erano un lusso e in casa ce n’era un paio per persona tenuto con cura ed usato per le feste e le occasioni importanti. La fabbricazione degli zoccoli richiedeva pochi e semplici attrezzi ed una buona capacità manuale che si acquisiva con la pratica. Se non venivano costruite in casa (più spesso d’inverno nella stalla durante i “filò”) si acquistavano ai mercati ed alle fiere dove era sempre presente un venditore di zoccoli. Lo zoccolaio usava una panca con morse a piedi detta "mussa o zocolera" che permetteva di avere libere le mani e di poter sagomare il pezzo con coltelli a due manici o a petto. Per raschiare il manufatto all’interno si usava un attrezzo chiamato in gergo "rotsz". Un provetto zoccolaio produceva una dozzina di zoccoli al giorno, a volte gli venivano richiesti degli zoccoli particolari e più raffinati con la suola in legno e la parte superiore in cuoio "tomaia". Quegli enormi zoccoli che vedete in basso sono sovrascarpe, usate soprattutto nel periodo di disgelo per proteggersi dalla fanghiglia. Lo zoccolaio non faceva solo ed esclusivamente zoccoli, ma anche posate, mestoli, piatti e contenitori per le pietanze.


CORRIDOIO CENTRALE: IL SEGGIOLAIO E IL CESTAIO

IL SEGGIOLAIO

Il seggiolaio "caregheta" produceva sedie "careghe", ma talvolta veniva chiamato con questo nome anche l’impagliatore di sedie che rifaceva i sedili logorati dall’uso. Il seggiolaio era un ambulante che appariva a stagioni o a periodi fissi scendendo in pianura dal Friuli o dal Bellunese con un carrettino o una gerla per gli attrezzi. Percorreva paesi e città fermandosi nelle piazze o in luoghi di passaggio per costruire e riparare sedie. Per tenere fermi i legni da lavorare si sedeva su una panca attrezzata con una speciale morsa azionata a piedi "capra"; in tal modo restavano libere entrambe le mani per modellare il legno con dei coltelli a due manici (quelli usati anche dallo zoccolaio). Il sedile della seggiola più comunemente usato era quasi sempre costruito con la paglia intrecciata ricavata da un erba che cresce spontanea nelle zone palustri o lungo alcuni corsi d’acqua.


IL CESTAIO

Il cestaio prendeva delle sacche, ossia i rami giovani del salice o del castagno e li scortecciava. Per farlo usava una attrezzo particolare chiamato "bretola o roncoletta". Con questo attrezzo si potevano ridurre le sacche in strisce più sottili: inserito nella roncoletta, il legno fresco veniva inciso e tripartito producendo tre sottili ramoscelli pronti per essere intrecciati


QUARTO STAND: IL CARRADORE

La costruzione dei carri richiedeva l’opera congiunta del fabbro e del falegname. Il falegname costruiva la struttura portante in legno e il fabbro tutte le giunture in ferro. Particolarmente preciso doveva essere il lavoro per la costruzione delle ruote che dovevano sopportare le sollecitazioni date dal carico e dalle asperità del terreno. Sono qui esposti alcuni semplici attrezzi tipici di questo antico mestiere ormai scomparso.


MODALITÀ PER FISSARE IL CERCHIO SULLA RUOTA

Il ferro doveva essere riscaldato in maniera tale che si dilatasse e si adattasse al diametro della ruota; subito raffreddato (altrimenti si infiammava) si restringeva rimanendo in perfetta tenuta sul legno. Per sollevare o alzare i carri si utilizzava una "binda", attrezzo dotato di ruota con cremagliera (una sorta di crick per l’automobile) Infine per misurare il diametro della ruota si usava segnare la ruota con un gesso; veniva poi fatta girare e in base al numero dei giri compiuti si risaliva all’esatta misura diametrale (le ruote dovevano essere tutte perfettamente uguali).

Indietro