SECONDA SETTORE: LA CUCINA

Nel passato la cucina era la stanza più ampia dell’edificio rurale dopo la stalla ed il granaio; in essa si riuniva la famiglia patriarcale, composta a volte da più di 40 persone: qui convivevano tre generazioni diverse: i genitori, i figli e i figli dei loro figli. Questa tavola , nonostante sia molto grande, poteva ospitare di dieci, dodici persone al massimo.Allora ci si organizzava così: i bambini (fratelli e cugini) mangiavano ad un’altra tavola e ad un orario diverso rispetto a quello degli adulti. Turnandosi in questa maniera,tutta la famiglia riusciva a mangiare con ordine. La cucina del museo è un locale di media grandezza che ospita moltissimi utensili e oggetti d’uso. Più che ricostruire una vecchia cucina, infatti, l’intento del museo è di far conoscere le varie possibilità di attrezzature che vi potevano essere nelle diverse cucine di un tempo. Appesi sopra il tavolo ci sono una serie di arconcelli : venivano collocati sulle spalle dietro la nuca: una volta arrivati al pozzo , i secchi venivano riempiti d’acqua e appesi ai due ganci che si trovavano alle due estremità. Il peso era così distribuito equamente diventava meno difficoltoso trasportare il tutto fino a casa.


L’ALIMENTAZIONE

Parliamo ora di alimentazione: Un tempo si cercava ovviamente di provvedere all’alimentazione della famiglia con mezzi propri gran parte dei prodotti venivano dal lavoro della terra e dall’allevamento degli animali. La dieta si basava principalmente su cereali e legumi: orzo, avena, mais (da cui si ricavava la polenta, l’alimento principale) e fagioli, in grado di fornire lo stesso apporto proteico della carne, ma meno costosi di questa. Pochi alimenti venivano acquistati: chicchi di caffè (che venivano macinati con gli appositi macinini), olio, e medicinali. Il regime alimentare poco vario a cui erano costretti una volta comportava grossi fastidi intestinali che venivano curati con dei preparati di orzo caldi. Per farli c’era bisogno di uno strumento particolare: il tosta orzo o il tosta caffè: Questo era costituito da un manico molto lungo fatto apposta per prevenire le scottature e da un contenitore panciuto all’estremità che conteneva i chicchi di caffè o di orzo. La tostatura è un procedimento che prevede la cottura priva di acqua: la pietanza allora, disidratata non si cuoce ma viene tostata. Una volta tostato si poteva macinare con un macinino che polverizzava orzo, caffè e granelli di pepe. Funzionava tramite una manovella: facendola girare si schiacciavano i chicchi tostati e la polverina che ne risultava si depositava nel cassettino sul fondo. Ora l’orzo era pronto per essere sciolto nel latte o nell’acqua calda proprio perché diventava solubile. Accanto e questa collezione di macinini, un originale attrezzo tagliasalame. Sopra il caminetto (larìn) si ammira un corredo completo di attrezzi da fuoco, pentole (pignate) e padelle (farsore) in metallo e in terracotta e sulla cappa (napa) trova posto il pestatale (pestasàl). Quell’enorme padella appesa era usata per cucinare il sugo..ecco come le dimensioni eccezionali di un oggetto ci danno subito l’idea di quante bocche c’erano da sfamare in una vecchia famiglia contadina Il grande camino , che spesso per difetti di tiraggio, affumicava tutta la stanza, serviva principalmente per la cottura dei cibi, ma aveva anche una connotazione socio-culturale perché era il luogo dove nonno e nipotini si riunivano dopo i pasti. Sopra il piano da fuoco del camino c’è un vano: esso è l’imboccatura del forno da pane o da dolci.E’ un esempio inconsueto per queste zone, inserito com’è all’interno del camino. Normalmente, infatti, si trovava all’esterno della casa. C’è un altro esempio di forno, non fisso come quello per il pane, ma mobile, simile ad una padellina; sopra il coperchio di ferro venivano poste le braci ardenti, mentre lo sportellino laterale serviva a controllare la cottura. Diverse famiglie contadine usavano farsi il pane in casa, sebbene non molto spesso poiché nelle nostre zone era più usata, in quanto più economica , la polenta. Le farine e il pane venivano conservati nella madia (panera), i cui ci sono tre diversi esempi. Sulla parete del lato destro del camino possiamo ammirare una ricca serie di sottopentole (trepié) in ferro battuto, di varie epoche, dalle forme eleganti e armoniose; taglieri (tagliér), tagliatane (taiapàn) e tagliaverdure: notevole un tagliaverze per la preparazione dei crauti. Questo è il mantice che si trova e si usa ancora oggi; è una pompa che serve ad ossigenare il fuoco e a ravvivarne la fiamma. Il calore del camino o delle stufe serviva contemporaneamente per la cottura dei cibi e per produrre acqua calda e braci.


MOMENTI DI SOCIALITA’

Come abbiamo accennato prima quando il pranzo era conclusa i bambini si sedevano attorno al camino dove il nonno, la persona più vecchia, più saggia e più importante della casa raccontava loro delle storie affascinanti. Ovviamente era analfabeta, ma aveva molta fantasia e molta memoria e riusciva ad incantare i nipotini con storie tratte dal suo passato personale. Si sedeva sulla sua sedia (il caregòn del nonno) pensata apposta per essere messa davanti al caminetto perché aveva il poggia-piedi rialzato: in questo modo poteva scaldare e proteggere i piedi dal gelo del suolo. Far filò nella stalla è stata per secoli una tradizione delle lunghe sere invernali; al debole chiarore di un lumicino le donne filavano la lana (da cui il termine filò ) e gli uomini costruivano o riparavano gli attrezzi di campagna e della casa. Era un momento importante per i rapporti tra i componenti di tutta la famiglia e spesso tra le famiglie vicine, per parlarsi, raccontare storie ai più piccoli, e trasmettere così la cultura tradizionale.


TERZA SEZIONE: ILLUMINAZIONE

I sistemi di illuminazione esposti sono quelli utilizzati quando l’energia elettrica non era ancora stata inventata o non aveva raggiunto le abitazioni rurali. Vediamo perciò i lumi ad olio, quelli a petrolio, i candelabri con le candele di cera per uso domestico e le lampade ad acetilene per usi speciali (lavori in miniera, ad esempio). Da segnalare in particolare due lumi di pino (lum de pin) piccole morse in ferro su aste, nelle quali veniva posto un rametto resinoso di pino che illuminava bruciando lentamente. I lum de pin erano usati soprattutto nelle zone di montagna, ricche di piante resinose. Sopra la vetrina sono posti dei fanali da esterno (ferài), con protezione in vetro per riparare dal vento, usati anche dai carrettieri per i viaggi notturni. Al soffitto lampadari da cucina con lume a petrolio.


RISCALDAMENTO

Nella stanza si trovano anche esempi di stufe (stùe) per riscaldare piccoli ambienti e recipienti ad acqua (bòze) per riscaldare le mani, i piedi o i letto.

QUARTA SEZIONE: IL SECCHIAIO

Il secchiaio (secèr) nelle case rurali non era servito da acqua corrente, ma richiedeva una scorta di acqua che veniva attinta quotidianamente al pozzo di casa o alla fontana. L’acqua raccolta veniva poi tenuta in secchi (secci) appesi ad appositi ganci sotto il secchiaio. Il pozzo si trovava generalmente vicino alla casa e di norma la questa veniva costruita dopo che negli immediati paraggi era stata trovata l’acqua ed era stato scavato un pozzo. Il secchiaio che vediamo è di vecchia costruzione ed è costituito, come piano di lavoro, da un’unica pietra scavata, munita di foro di scarico delle acque che venivano a disperdersi all’ esterno della casa. I piatti e i tegami lavati con uso di cenere, sabbia ed aceto venivano posti sullo scolapiatti (scoladòra), un ripiano inclinato in legno appoggiato alla pietra del secchiaio. Di fianco al secchiaio notiamo il bilanciere (bigòl), in legno ricurvo per il trasporto a spalla dei secchi tenuti agganciati alle estremità. Avendo a disposizione in questa stanza l’ acqua e lo scarico, diventava più agevole lavare i panni sul mastello utilizzando l’apposita tavola, la tòla da lavàr, inclinata sulla tinozza.


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